Molta attenzione ha sollevato, nelle scorse settimane, la notizia dell’interesse manifestato da parte di Esprinet all’acquisizione della totalità delle azioni di Cellularline. Interesse che si è concretizzato con l’avvio di una attività di limited due diligence e nel lancio di una OPA per un importo complessivo di 3,75 euro ad azione, per un totale di circa 82 milioni di euro.
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Un piano industriale focalizzato su due filoni
Ed è proprio alla luce di queste notizie, che abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con Alessandro Cattani, CEO di Gruppo Esprinet, per cercare di capire come si inserisce l’operazione Cellularline nel quadro di un più articolato piano industriale.
“Un piano industriale – precisa subito Cattani – annunciato lo scorso anno e che si sviluppa lungo due filoni evolutivi, che riguardano da un lato il nostro business storico legato alla distribuzione di pc, stampanti, elettronica di consumo, soluzioni per data center, dall’altro i servizi”.
L’intenzione è chiara: insistere su un’evoluzione del gruppo verso una logica di distribuzione a maggior valore aggiunto, sia in termini di prodotti, sia in termini di supporto alla vendita.
“Quando si parla di prodotti più semplici, di commodity, il valore aggiunto si esprime in termini di logistica, di gestione del credito, di disponibilità. Diverso è il caso delle soluzioni e delle merceologie più complesse”.
È un universo molto ampio sia in termini di tipologie di prodotti, sia in termini di numerosità degli attori in campo, sia ancora in termini di complessità tecnologica. E che va indirizzato correttamente.
Il riferimento non è solo a tutto ciò che ruota intorno ai data center, ma anche a una serie di prodotti e soluzioni, teoricamente affini all’elettronica di consumo, declinati in modalità sempre più innovative, a partire ad esempio dall’IoT in tutte le sue applicazioni, dagli indossabili alle soluzioni per la smart home, fino al mondo industriale.
“Oppure pensiamo a tutto il filone della Green Revolution: da più di un anno siamo distributori delle colonnine per la ricarica delle auto elettriche di Enel X”.
“Vediamo come l’elettronica stia di fatto colonizzando territori un tempo analogici. Ne abbiamo sempre seguito lo sviluppo, ma ora è arrivato il momento di aggiungere valore: per vendere certi prodotti servono specialisti in grado di spiegare tecnologie meno intuitive e in qualche caso di affiancare i venditori che mancano di competenze specifiche”.
Focus sul design nell’accessorio
È in questo filone che si inserisce l’impegno di Esprinet nel settore dell’accessoristica, settore che presidia da anni, prima con Nilox, poi con Celly e adesso con l’OPA su Cellularline. “Stiamo assistendo a un cambiamento importante: se in passato l’accessorio era la cover, oggi entra in gioco tutto un insieme di oggetti interconnessi, che partono dalle nemmeno tanto banali cuffiette e arrivano all’IoT casalingo e in qualche caso preindustriale, come nel caso delle telecamere di videosorveglianza, per arrivare al mondo in piena espansione degli indossabili. Qui abbiamo la possibilità di giocare un ruolo come società di origine italiana, non tanto sugli aspetti tecnologici, dal momento che questi prodotti in genere escono da fabbriche estremo orientali, quanto nell’ambito del design. Il nostro valore aggiunto è proprio quello di fare leva sui produttori perché li rendano più belli, più cool, più desiderabili. In quest’ambito vorremmo far crescere il gruppo non solo in Italia, Spagna, Portogallo, che sono le nostre nazioni di elezione, ma anche in altri Paesi”.
Un piano di espansione in Europa
Cattani parla di un approdo in Europa occidentale, cominciando ad affacciarsi sui mercati a nord delle Alpi o dei Pirenei.
“È un nostro obiettivo che intendiamo perseguire esclusivamente con prodotti a valore aggiunto, quindi o con le soluzioni per il data center, le Advanced Solution, guardando anche a distributori locali che vendano server, storage, networking, cyber security, cloud software…, oppure con una realtà come Cellularline, che fa più di metà del suo fatturato in Europa occidentale, fuori dall’Italia, e ha una storica presenza, con una capacità di penetrazione del mercato molto superiore alla nostra”.
Per Esprinet focus sui servizi
Se dunque il primo filone evolutivo della strategia di Esprinet è quello della distribuzione a valore, in tutte le declinazioni che questo valore di fatto assume, il secondo filone è rappresentato dai servizi.
“Siamo convinti che vi sia una quantità di valore imponente all’interno della filiera tech. Alcuni nostri concorrenti hanno tentato di catturare questo valore integrandosi a monte e diventando a loro volta produttori. Questa è una scelta che perseguiamo solo sulla nicchia dell’accessorio, con un focus, come già detto, sul design. Poi ci sono le integrazioni a valle, che vedono i distributori diventare concorrenti dei propri clienti, trasformandosi in system integrator. Non è il nostro lavoro, non è il nostro business. Però abbiamo visto che c’è spazio nell’ecosistema dei 650 vendor che gestiamo e dei 30.000 system integrator, reseller e retailer nostri clienti nel Sud Europa per offrire loro alcuni servizi diversi e distanti dalle loro attività core”.
“Operiamo, di fatto, come abilitatori dell’esperienza tech, come il soggetto dietro le quinte che aiuta a tirare su il sipario o abbassarlo o muovere le luci, lasciando al nostro reseller o system integrator il ruolo del protagonista”.
Il primo servizio messo in cantiere è il noleggio operativo, un ambito nel quale Cattani si dice convinto di poter aiutare i clienti che servono la clientela business, mettendoli nella condizione di conquistare quote di mercato e fidelizzare i propri clienti.
L’accordo Esprinet-Alkemy
Si inserisce in questo quadro anche l’accordo siglato nelle scorse settimane con Alkemy Play, divisione dedicata alle piccole e medie imprese di Alkemy, con l’obiettivo di proporre servizi e soluzioni digitali che consentiranno, ad esempio, ai rivenditori di offrire ai propri clienti la possibilità di creare la propria vetrina e-commerce.
“Abbiamo di fatto siglato una partnership con una fabbrica di servizi digitali, per sua natura abituata a vendere direttamente a grandi utenti finali, per sviluppare un’applicazione pacchettizzata, low cost, semplice, con buoni margini, da offrire ai nostri rivenditori che presidiano il mondo delle piccole e medie imprese”.
Un primo passo di una strategia che Esprinet intende ampliare con sempre nuove proposte.
“In qualche caso, la fabbrica dei servizi è un soggetto terzo, in altri siamo noi stessi gli outsourcer dei servizi, però il protagonismo, il faro è centrato sul nostro cliente. Noi siamo dietro le quinte”.
Un nuovo ruolo per il distributore
Non è solo una dichiarazione di intenti. È di fatto una visione sul ruolo che il distributore può giocare oggi all’interno dei nuovi ecosistemi digitali.
Nella visione di Cattani, ci sono diversi modi per fare il distributore oggi.
In primis il distributore tradizionale, il cui interlocutore è un rivenditore che ha bene in mente come rispondere ai bisogni di un consumatore finale, sia esso impresa o persona fisica, e ha bisogno di qualcuno che gli consegni degli oggetti, fisici o virtuali che siano, che, una volta integrati rappresentano la soluzione al problema del proprio cliente. “Il distributore tradizionale è il soggetto che identifica, finanzia e consegna questi oggetti nei tempi e nei modi che servono al rivenditore”.
C’è poi il Full Service Provider, il cui compito parte con l’identificazione delle soluzioni, per poi acquistarle e configurarle per risolvere i problemi dei clienti. È una attività più complessa e articolata, che include attività di demand generation, così come servizi diversi, dall’installazione alla manutenzione. Servizi che possono essere sviluppati in house, nella logica make, oppure dati in outsourcing a terzi.
E poi c’è una terza via.
“Noi siamo partner credibili sulle attività che fanno parte del primo mondo e ora stiamo cominciando a esplorare la possibilità di andare a proporre ai nostri rivenditori una parte di questi servizi. Il rivenditore ha bisogno di un e-commerce? Noi gli offriamo una piattaforma di e-commerce. Deve gestire il suo punto vendita? Possiamo farlo noi. Lo stesso vale per il noleggio. Non è diverso da quello che è accaduto negli anni con gli ODM taiwanesi, a partire da Foxconn, o nell’industria automobilistica”.
L’esempio calzante, per Cattani, è rappresentato dalla gestione della cyber security. “Un grande utente finale ha modo di parlare con un system integrator, acquista tutto il software o le appliance necessarie e si dota di una struttura che gestisce la sua cyber security. Ma un’azienda più piccola probabilmente preferisce indirizzarsi verso una proposta di monitoraggio e servizio. Non è un prodotto, non è una licenza software, non è una appliance. È l’insieme di tutte queste cose e delle persone che controllano e nel caso intervengono. Questo è un ambito di attività sul quale stiamo cominciando a fare delle esplorazioni. E l’accordo con Alkemy va in questa direzione: non offriamo building block, ma qualcosa che già funziona”.
La logica degli ecosistemi e della differenziazione
Per Esprinet è un percorso evolutivo verso una declinazione molto particolare di tutto quanto oggi si definisce ecosistema.
“Lavoriamo in partnership con soggetti che possono essere nostri clienti o nostri fornitori. Insieme diventiamo fornitori di un soggetto diverso”, spiega.
Per poi aggiungere: “Crediamo nell’effetto moltiplicativo di un ecosistema. Se riusciamo ad offrire alle decine di migliaia di rivenditori che operano in Italia un ecosistema di prodotti e attività, pensiamo di poter ottemperare meglio ai dettami del nostro payoff Enabling Your Experience. Vogliamo abilitare l’esperienza tecnologica dei nostri rivenditori e indirettamente anche quella degli utenti finali”.
Tutto questo anche alla luce delle lezioni apprese negli ultimi due non semplici anni.
“La lezione degli ultimi due anni è stata che il mondo cambia con una velocità e una violenza mai sperimentate prima. E quindi la parola chiave non solo per sopravvivere ma per prosperare è flessibilità. Bisogna essere flessibili, adattabili, perché il contesto nel quale ci si muove può cambiare da un momento all’altro. E per essere flessibili bisogna avere risorse finanziarie, risorse umane e un modello organizzativo con un notevole grado di empowerment delle persone”.
Il valore per gli investitori
E tutto questo, va detto, anche in considerazione delle aspettative degli investitori.
“Abbiamo una strategia investor friendly. Gli investitori vogliono vedere valore aggiunto, quindi vogliono vedere profitti. E per fare profitti bisogna fare cose nuove e più difficili. Cose differenzianti”.
È dunque in questo percorso che si inserisce non solo la strategia fin qui delineata, ma anche l’operazione Cellularline.
“La nostra è la storia di un distributore che ha fatto molto box moving, muovendo prodotti come pc e telefoni che hanno una marginalità molto bassa. Questa componente pesava per il 66% del nostro fatturato nel 2020 ed è gradualmente scesa al 62 e poi al 58% nel primo trimestre di quest’anno. E questo è un messaggio importante per gli investitori: stiamo facendo crescere più velocemente tutto quello che ha valore aggiunto rispetto a quello che è volume. Un impegno che si accompagna ad attività di execution interna, come il focus sul renting o sul cloud o la crescita delle stesse Advanced Solutions che valevano 114 milioni di euro nel 2011 e che lo scorso anno hanno toccato gli 874 milioni”.
L’OPA su Cellularline
E poi c’è Cellularline.
“Cellularline è la migliore opportunità che abbiamo in questo momento per accelerare la creazione di valore aggiunto anche nel segmento più consumer”.
Per Cattani, Cellularline è di fatto la continuazione di un progetto iniziato alcuni anni fa con l’acquisto di Celly.
“Oggi andiamo a proporre al primo della classe di diventare parte del nostro gruppo. Cellularline è un leader riconosciuto, hanno un team veramente eccellente. Con questa OPA stiamo provando a mandare un messaggio mondo finanziario: questo è un mercato vero, un mercato industriale che sta evolvendo e che pone delle sfide crescenti con l’evoluzione dei modelli distributivi. Per noi c’è anche la necessità e la volontà di ampliare gli orizzonti al di fuori del mercato italiano. Vogliamo portare il primo della classe all’interno della nostra organizzazione e unirlo alla nostra struttura storica, che però sconta dimensioni più piccole perché sono partiti dopo. Siamo convinti che mettendoli assieme si possa rispondere alle sfide del mercato e col tempo cogliere opportunità nuove soprattutto all’estero”.
L’intenzione dichiarata è di mantenere la sede di Reggio Emilia di Cellularline, che opererebbe come legal entity separata sotto la quale raggruppare i marchi che operano sul segmento della mobility, con un focus non più solo su cover, caricabatterie e auricolari, ma allargando l’orizzonte ai wearable e all’IoT consumer.
Non è ancora chiaro quale sarà il posizionamento dei due marchi Celly e Cellularline, dal momento che la due diligence è stata limitata per vincoli di antitrust e concorrenza.
“Se l’operazione si chiuderà, allora potremo formulare una strategia, che al momento è orientata al mantenimento del doppio marchio, con un presidio sia sul premium sia sul primo prezzo. Lo faremo insieme a loro”.
I tempi per il semaforo verde da parte dell’autorità di controllo non sono noti: si dovrebbe arrivare a una definizione dopo la pausa estiva.
Di Cellularline Cattani si dice convinto che sia una società che si sta confrontando “con un’evoluzione profonda del proprio mercato di riferimento, dal punto di vista dei modelli distributivi. Su questo aspetto pensiamo di poter dare una mano, perché conosciamo i mercati distributivi come pochi in Sud Europa, perché abbiamo fatto 4,7 miliardi in questa regione, perché conosciamo i clienti, e parliamo con tutti i produttori di tecnologie consumer che ci danno visibilità sugli scenari evolutivi del mercato. E poi possiamo fornire una certa expertise in ambito di pianificazione finanziaria, aiutandoli e liberando loro tempo e risorse per concentrarsi di più sull’analisi delle attività core”.
“Soprattutto – è la sua considerazione – il nostro gruppo è cresciuto aggregando tante società, credo 15 in tutti i questi anni. Crediamo che si possa diventare grandi portando a bordo talento. Abbiamo investito tanto sulla gestione del talento e il fatto che siamo diventati Great Place to Work è testimonianza del fatto che crediamo nelle persone. A differenza di Cellular Line, che ha un brand forte nel suo mercato, noi veniamo da un mondo dove il brand non c’è e dove la differenza si fa con la qualità dei processi. Una qualità figlia della qualità delle persone. Quindi sono fiducioso del fatto che Cellularline possa trovare in Esprinet un ambiente accogliente, inclusivo, rispettoso delle autonomie, positivo per la crescita delle persone.